Arriviamo alla stazione di Hallstatt con il diluvio universale e saliamo sul traghetto che dalla stazione conduce alla cittadina, attraversando l’omonimo lago. Sul traghetto siamo gli unici due europei; tutt'intorno è pieno di cinesi, coreani e giapponesi.
Sono
tantissimi. Sarà il solito viaggio organizzato, fa il coniuge con noncuranza.
Hallstatt è strepitosa anche sotto la pioggia battente. Scendiamo dal traghetto
e continuiamo a vedere cinesi ovunque.
757
abitanti, un costone a ridosso del lago, cittadina nota per le ricche miniere
di sale e così suggestiva da essere stata inserita nella lista dei Patrimoni
dell’umanità dell’Unesco. Ma perché tutti ‘sti cinesi?
Il
villaggio da cartolina per eccellenza, come viene definito in un articolo del
Corriere della sera dello scorso anno, è piaciuto così tanto a qualche cinese
da decidere di costruirne una fotocopia nella periferia di Luoyang, sulle rive
di un lago artificiale. I cinesi hanno spiato, misurato, fotografato, dalle abitazioni
al cimitero di Hallstatt, e poi l’hanno riprodotto a casa propria, inaugurando
l’Hallstatt cinese nel 2012. Gli austriaci inizialmente sembrano non aver apprezzato
ma, considerando il numero di turisti asiatici, la violazione della privacy è
stata ricompensata da un cospicuo vantaggio economico.
Hallstatt
è meta di turismo mordi e fuggi. La maggior parte dei visitatori arriva in
autobus o in treno in tarda mattinata, invade le vie del centro e sparisce nel
pomeriggio. Qualcuno arriva via lago, andata e ritorno in giornata.
La
sera, cessata la pioggia, la cittadina è silenziosa e semideserta. Gli alberi
rampicanti che decorano le facciate delle case, le luci soffuse che si
riflettono sul lago e un cielo dal colore indefinito che ti fa dire forse la felicità
è questa.
All’alba,
con il dissolversi della foschia, è meglio scappare dalla folla, arrampicandosi tra i sentieri che
sovrastano il borgo. Tanto i turisti opteranno per la funicolare e si
limiteranno a visitare le miniere con il trenino minerario e a leggiucchiare qualche informazione sulla cosiddetta Civiltà di Hallstatt. Il coniuge, invece, ha adocchiato un paio di percorsi e, camminando camminando, riscendiamo qui
La
mattina in cui ripartiamo da Hallstatt, incrociamo due coppie di cinesi in abito
nuziale. Luogo ideale per un book fotografico. Forse le spose dovrebbero metter via il
broncio e l’espressione malinconica, o forse usa così.
È prevista
una lunga camminata tra torrenti e ponti di legno da attraversare. Passiamo dai
girasoli ai ciclamini, dalle piante di susine ancora acerbe, che non mi stanco
di assaggiare (Se ti vedono, ben che vada ti tagliano una mano! Ma no,
coniuge, che vuoi che sia. Non sono neppure mature), ai campi coltivati nel
mezzo del nulla. Seguiamo improbabili indicazioni in un inglese ancora più improbabile.
Ci perdiamo almeno un paio di volte e torniamo sui nostri passi alla ricerca
dell’incrocio non segnalato. E giù a ridere e dire sciocchezze, come non
facevamo da tempo. Ah, ma il prossimo anno compro il gps, basta con questa storia
che senza connessione e con un pezzo di carta è più divertente!
Ma
lo è stato, sono stati i giorni della spensieratezza; abbiamo riso tantissimo,
spesso per delle banalità; non eravamo in alta quota, non dovevamo preoccuparci
delle previsioni meteo e dei percorsi corretti. Non era fondamentale calcolare
i tempi. Qualche volta abbiamo improvvisato; a volte c’è andata bene, altre
siam dovuti tornare indietro. Ma è stato uno spasso.
Nel mezzo del nulla - Foto del coniuge |
Siamo entrati in tutti i cimiteri incontrati lungo la via. Il coniuge scuote la testa, povero, se n’è fatto una ragione. Vorrei essere sepolta ad Hallstatt; nella parte alta del paese, affacciata sul lago. Spazi infiniti. Quando si dice l’eterno riposo.
Hallstatt |
Abbiamo
visto laghi dalle acque cristalline, neanche fossimo in alta montagna, e
laghetti pubblicizzati come paradisiaci ma rivelatisi deludenti. Siamo riusciti nel faticoso intento di
mangiare un apflestrudel al giorno. Il migliore è stato quello dell’ultima
sera, quando abbiam fatto ritorno a St.Wolfgang per una notte. Saranno stati i
chilometri percorsi o quella malinconia che ti prende quando tutto sembra esser
stato perfetto, anche se, in fondo, hai solo camminato, guardato, annusato,
pensato. Sorriso. Molto.
Questi post mi ricordano gli Argonauti di Exórma. Ci hai fatto un pensierino?
RispondiEliminaLa parte scritta e quella fotografica, entrambe fantastiche, son già qui!
Grazie mia cara! I viaggi senz'auto mi fanno impazzire perché ti mettono sempre di fronte a qualche imprevisto che, alle volte, si rivela essere la parte più interessante del viaggio.
EliminaHo in mente un post sul festival letteratura di Mantova: il festival degli imprevisti!
anche a me piace tanto andare per cimiteri :)
RispondiEliminaHo trovato un'anima gemella! Non c'è posto migliore in cui fermarsi a riflettere. Adoro quelli piccini, in zone rurali, accanto alla chiesa del paese. Il coniuge ormai s'è rassegnato.
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