Se non fosse stato per la
simpatia dei tipi della Safarà e per il commento di Marco Rossari, questo libro
non sarebbe mai finito sul divano di casa mia. Perché, se a metà della prima
pagina, leggo una cosa tipo:
Lo so. La cosa non andava.
È un. Si chiama. Sangue dal naso, mal di testa. Dove non ce la fai a reggere.
Cascano tazze e piatti lei dice raccogli tutto.
(eh già, proprio con questa
punteggiatura qui), e se, aprendo un’altra pagina a caso, noto che lo stile non
cambia, io rimetto il libro esattamente dove l’avevo preso e vado via. È che sono
una noiosa tradizionalista; mi innamoro delle frasi liriche, struttura
classica: soggetto, predicato, complemento, pochi aggettivi e punteggiatura
canonica. Gli esperimenti letterari mi destabilizzano.
Eppure questi ragazzi coraggiosi
della Safarà, con le loro storie oblique, mi hanno conquistato. E poi ci s’è messo
pure Marco Rossari, che in genere suggerisce romanzi tutt’altro che banali. Insomma,
alla fine ho commesso peccato mortale e mi son concessa una scrittura fuori
dagli schemi.
Ho terminato il primo
capitolo di Una ragazza lasciata a metà senza sapere cosa avessi letto. No,
così non va. Allora ho ricominciato daccapo, leggendo ad alta voce. Ho scoperto
un altro ritmo. Accelerato, poco rispettoso della già irriverente punteggiatura
della McBride. La mia voce andava a ruota libera: gli insulti sono diventati
più crudeli, gli schiaffi più dolorosi, le urla più rabbiose.
Entrata nella
storia, la lettura è tornata ad esser silenziosa ma la tensione è rimasta alta,
senza respiro, nonostante le frasi spezzate. Si è distesa solo a metà romanzo,
quando anche la McBride prende una pausa; la sua ragazza si immerge nello
studio, nella possibilità di una vita diversa, staccandosi dalla parte più
oscura di sé. Ma poi si precipita di nuovo.
La trama si può riassumere
in poche righe: Eimear McBride narra il tortuoso percorso di crescita di una
ragazzina abbandonata dal padre e in perenne contrasto con una madre bigotta (Alzati da quel letto. Non ti farà alcun male
Signorina far vedere al Signore che l’hai a cuore). Un rapporto
conflittuale con il fratello maggiore, sopravvissuto da bambino a un tumore al
cervello solo grazie alle novene recitate da tutta la comunità giorno e notte (Ma attenta che quello che Lui dà può anche
riprenderselo). E uno zio che abusa di lei a tredici anni. L'evento che
cambia la sua vita. Sarà un continuo darsi agli uomini, non per piacere ma per vendicarsi,
per sentirsi forte. Non ci sarà mai piacere né amore; sarà solo sesso, sempre
crudele, doloroso, il corpo qui la mente altrove.
Vengo trascinata in quei
pensieri; entro nella mente di questa ragazza perversa, nel suo continuo chiacchierare
col tumore del fratello, sopporto a fatica le ave Maria della madre. Non è la
storia a coinvolgermi ma quel modo crudo e urticante di manifestare i pensieri.
Arrivo alla fine del
romanzo senza esser in grado di esprimere un giudizio. Mi è piaciuto? Non lo
so. Ho sofferto, mi sono irritata, ho avuto voglia di gridare basta! Lo
regalerei? Non credo. Qualcuno potrebbe tirarmelo dietro. Non mi stupisce che l’esordiente
McBride abbia impiegato anni prima di trovare un editore. Io non l’avrei
pubblicato. Troppo rischioso. Ma la Faber&Faber ci ha creduto e in Inghilterra
questo A Girl is a half-formed thing
è diventato un caso letterario.
In Italia ci ha creduto Safarà Editore e di una cosa sono certa: se fosse stato pubblicato da una grande casa editrice, di questo romanzo avrebbero parlato tutti, per osannarlo (“martellante, rivoluzionario”) o per distruggerlo (“ormai si pubblica qualsiasi schifezza”). Ma se ne sarebbe parlato. Safarà, invece, dovrà faticare un po’ per farlo circolare.
In Italia ci ha creduto Safarà Editore e di una cosa sono certa: se fosse stato pubblicato da una grande casa editrice, di questo romanzo avrebbero parlato tutti, per osannarlo (“martellante, rivoluzionario”) o per distruggerlo (“ormai si pubblica qualsiasi schifezza”). Ma se ne sarebbe parlato. Safarà, invece, dovrà faticare un po’ per farlo circolare.
Eimear McBride |
Per alcuni dei temi
affrontati (il rapporto spregiudicato con il sesso, il cattolicesimo fanatico e
soffocante, la mentalità di paese), Una
ragazza lasciata a metà mi ha ricordato Carne
viva di Merritt Tierce. Stile completamente diverso, ma ugualmente crudo.
Sono andata a cercare qualche intervista della scrittrice, immaginando una ragazza
esile e pacata, dal volto triste (la versione irlandese di Merritt Tierce,
appunto). Invece ho trovato una bella donna con una risata cristallina, dall’accento
poco irlandese e lo sguardo diretto. Una che ha adorato Edna O’Brien da
ragazzina, la letteratura russa da adolescente e ha visto la luce a 25 anni
leggendo James Joyce. Ma no, non accomunate il suo stile con il flusso di
coscienza joyciano perché potrebbe seriamente adirarsi.
Eimear McBride, Una ragazza lasciata a metà (A Girl is A half-formed thing), trad. Riccardo Duranti, Safarà Editore, 2016.
Ma dico può una sopravvivere tutto insieme a:
RispondiEliminauna madre fondamentalista
un fratello malato di cancro bambino
una violenza pedofila
non è troppo ma troppo troppo.
Per carità può anche andare peggio, tutto questo può succedere in Siria sotto le bombe.
Sarà anche una gran lettura, ma non credo approfitterò della notifica della sua esistenza
Hai ragione Amanda. È troppo. Però è un libro potente che son contenta d'aver letto. Ma non è il libro più indicato se l'umore non è dei migliori.
EliminaNon temere: quello di cui parlerò presto potrebbe fare al caso tuo (mi sembra che tu non l'abbia ancora letto...)
E complimenti a Duranti per l'ottima (e coraggiosa) traduzione!
RispondiEliminaEsatto. Non dev'esser stato così semplice. è un libro forte e discutibile, per questo sono contenta del fatto che una piccola casa editrice abbia avuto il coraggio di portarlo in Italia.
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