Entrò all’imbrunire nella capanna in cui stavamo preparando la
cena. Magrissimo, pantaloncini beige, camicia di lino bianca, cappello di
paglia a tesa larga. Si guardò intorno stupito; poggiò lo zainetto, si sistemò
sul naso gli occhiali scheggiati, con le lenti perennemente sporche. Hallo everybody. I’m Teet. Come nulla
fosse, tirò fuori dallo zainetto un avocado e una noce di cocco e si avvicinò
al tavolo.
Noi eravamo arrivati a Chimoio, entroterra mozambicano a pochi
chilometri dallo Zimbabwe, da una decina di giorni e non eravamo ancora
abituati a quel viavai di volontari nel nostro progetto. Fui la prima a
parlare: "Come diamine hai fatto a trovare un avocado oggi?”. La nostra amicizia
nacque condividendo ogni sera un avocado, di cui io sono ghiottissima, e un
sacchetto di anacardi. Mi facevano sorridere il suo inglese cantilenato e il
portoghese ben scandito, quel modo di camminare ondeggiante, la serietà del suo
umorismo (impiegavo sempre qualche minuto per capire se stesse scherzando o
meno), la pacatezza di ogni gesto.
Teet veniva dall’Estonia. Era il 2005, io avevo da poco scoperto
che Svezia e Finlandia erano due realtà completamente diverse l’una dall’altra.
L’esistenza dei paesi baltici non l’avevo ancora presa in considerazione. Teet
avrebbe potuto esser originario della Curlandia, Lettonia, Lituania, Paperopoli:
per me non avrebbe fatto alcuna differenza. Ma la mia prima osservazione fu tra
le più sbagliate. “Praticamente Russia, giusto?”. Teet si rabbuiò appena; poi,
con un sorriso compassionevole liquidò la faccenda con un Not really.
Se avessi letto Anime baltiche, non avrei commesso un errore
così grossolano e avrei interpretato in modo diverso le sue osservazioni
sibilline. Ma nel 2005 Jan Brokken stava ancora raccogliendo quegli stralci di
vita che mi avrebbero fatto aprire gli occhi sui paesi baltici e svegliato il
mio interesse.
Teet viaggiava da qualche anno; come me si era invaghito di
un’organizzazione non governativa danese (che avremmo scoperto essere una mezza
setta); aveva trascorso un anno in Norvegia, poi aveva iniziato a lavorare in
un progetto di sviluppo rurale in Mozambico, un po’ a Lamego e un po’ a Chimoio,
dove c’eravamo incontrati. “Com’è l’Estonia?”.
“Come posso raccontarti l’Estonia, little italian girl?”. Pensai che fosse difficile descrivere un
paese così distante, che io immaginavo disabitato e freddo, sgranocchiando
arachidi nel buio del cielo africano. Oggi ho capito cosa intendevi dire, Teet
from Estonia. Come potevi spiegare, a chi credeva che l’Estonia fosse una
provincia sovietica, la complessità di una terra che ha lottato per anni contro
la russificazione forzata? Come potevi raccontarmi di quei boschi, dei campanili
luterani a punta e dei tetti a cipolla delle chiese russo–ortodosse, della
storia racchiusa nelle case di legno, delle rivolte contro il regime zarista,
dei pogrom, delle deportazioni in
Siberia?
Ignoro cosa facesse Teet in Estonia, da che città provenisse,
quale fosse il suo trascorso. Noi cooperanti alle prime armi non parlavamo
granché del nostro passato. Avevamo tutti una sorta di inquietudine,
un’irrequietezza, eravamo alla ricerca di qualcosa. Teet era stato in diversi
progetti, li confrontava, ci facevamo mille seghe mentali su quanto la nostra
idea di cooperazione fosse corretta. Ci chiedevamo se non fosse una nuova forma
d’ingerenza. Parlavamo del futuro.
Non trascorremmo tanti giorni insieme; il progetto di Teet era
agli sgoccioli. Tornò nella sede norvegese della nostra organizzazione non
governativa, indeciso sul prossimo futuro. “Cosa pensi di fare?”.
“Continuare a cercare la pace”.
Mi sembrò una risposta incomprensibile. Una persona che
incarnava il concetto di tranquillità come Teet non poteva che esser già in
pace con il mondo.
Tra il 2005 e il 2007 ci scrivemmo moltissimo. Aveva lasciato
l’organizzazione che ci aveva fatti incontrare e si era trasferito a Londra.
Aveva iniziato un corso di biodanza che lo entusiasmava. Che tipo originale! Ma trovava sfibrante tutta quella gente.
Floods of people, specially in the evenings,
so that you cannot even walk on the streets. What are they all doing?
Ogni email terminava con un Have you read any good books recently?
Mi invitò a prendere in considerazione un progetto di sviluppo
in Botswana. Poi la corrispondenza divenne più sporadica.
Nell’estate del 2010 ricevetti una email dal suo indirizzo.
Scrivevano dall’eco villaggio di Tamera, Centro di ricerca per la Pace, per
comunicare la scomparsa di Teet ai numerosi amici sparsi per il mondo. Era annegato in circostanze poco chiare
mentre faceva il bagno nel lago di Tamera, dove era arrivato da qualche
settimana.
Il ricordo di Teet, rimasto nel cassetto per tanti anni, è
emerso sin dalle prime pagine di Anime Baltiche. Ho cercato tra la mia posta:
non ricordavo ci fossimo scambiati così tante email. Ho sorriso di nuovo per il
suo umorismo sottile, ho rivisto i suoi occhi verdi, mi sono stupita della
nostra capacità di analizzare, in una lingua non nostra, il senso di
inadeguatezza verso il mondo. Come potevo aver dimenticato tutto questo?
Incontrare un ragazzo così originale avrebbe dovuto svegliare la mia curiosità
su quelle terre sconosciute. Come ho potuto continuare ad ignorarle?
Nel 1999 Jan Brokken, scrittore, giornalista e viaggiatore
olandese, si imbarca su una nave mercantile per vedere la calda luce del Mar Baltico.
Il viaggio che per
caso mi aveva portato in una piccola città portuale del golfo di Riga risvegliò
la mia curiosità per quei paesi situati nell’angolo meno definito d’Europa. La
calma del Baltico, l’orgoglio dei baltici, quella fierezza che Huig, con
l’occhio accorto dell’uomo di mare, aveva saputo cogliere con tanta sicurezza
al primo sguardo, mi hanno dato voglia di saperne di più. […] Essere orgogliosi
del proprio paese significa credere in tutto ciò che lo rende speciale,
diverso, unico. Significa avere fiducia nella propria lingua, nella propria
cultura, nelle proprie capacità e nella propria originalità.
Sono tornato quattro,
cinque sei volte in Estonia, Lettonia, Lituania. Sono stato in Curlandia e nella
regione un tempo chiamata Prussia orientale, oggi provincia di Kaliningrad. […]
Speravo di ritrovare qualcosa di quello che in passato era stata la forza e la
vitalità del nostro piccolo pezzo di Europa. Perché viaggiare, insieme a leggere e ascoltare, è sempre la via più
utile e più breve per arrivare a sé stessi.
Ho impiegato molti giorni per leggere Anime baltiche, un
reportage che ti penetra nel cuore, fissando tutte le informazioni che un
manuale di storia non saprà mai trasmetterti. La storia di un paese non è costituita
dai grandi eventi ma dalla vita delle singole persone che abitano o hanno
abitato quel paese, persone comuni e personaggi diventati famosi con il
trascorrere degli anni. E Jan Brokken racconta quelle vite emozionandoti; a
volte il nodo alla gola mi ha costretto a chiudere il libro, alzarmi, fare
altro, prima di rimettere a fuoco le parole. Ho scoperto terre sconosciute, ho
ripreso contatto con una parte di me che avevo messo a tacere. Sono riemerse
storie, persone, episodi apparentemente scollegati tra loro. Perché viaggiare, insieme a leggere e
ascoltare, è sempre la via più utile e più breve per arrivare a sé stessi.
Mi sono chiesta che persona sarei oggi se non avessi deciso di rincorrere il
contratto a tempo indeterminato e una vita
normale. Ma non posso raccontarvi una storia di cui non conosco la trama.
Jacques Lipchitz - La gioia di vivere |
traduzione di Claudia Di Palermo e Claudia Cozzi, Iperborea,
2014.
Beh ci racconterai ancora di questo tuo passato di cooperante! Per ora mi segno il titolo del libro. Grazie
RispondiEliminaIl libro è notevole. Troverai tanti spunti di riflessione, annoterai altri titoli di libri, film, opere d'arte, musica. Oh, tanta, tantissima musica!
EliminaChe bella recensione! I ricordi di un uomo che non c’è più e che intuisco abbia significato molto per te sono in sintonia con un libro, pieno di emozioni e suggestioni che ho conosciuto ( letto, divorato e riletto) dal blog di gabrilu. Intuisco quale grumo questa lettura abbia sciolto ( o formato?) dentro di te.
RispondiEliminaChe intensità questo libro, vero? Hai ragione: è un libro da leggere, rileggere e annotare. La sola bibliografia rimette in discussione le priorità delle mie prossime letture!
EliminaIl blog della gabrilu resta un punto di riferimento. Da lei so di trovare sempre suggerimenti preziosi, uno sguardo attento sul nostro passato e su ciò che circonda.
A presto e buone letture.
P.S. Se ti va di consigliarmi altri titoli degni di nota, son pronta a scrivere.
Rapita dai tuoi ricordi. :)
RispondiEliminaCara Alea, è che Jan Brokken ha troppo ragione. In molti mi dicono di aver sprecato anni facendo cose inutili, in posti dimenticati dal mondo; io, invece, sono debitrice rispetto a quegli anni inutili. Ho conosciuto persone meravigliose, un concentrato di personalità stravaganti, dalle idee originali e dal cuore immenso. Non ne avrò guadagnato nulla in termini economici, ma il bagaglio che mi porto dietro vale più dei contributi non versati.
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RispondiEliminaCredo che il romanzo possa far sobbalzare, ponderare, toccare corde sensibili, ma non avendolo letto (ancora) non lo posso dire con certezza. Quel che invece posso dire con certezza è che questo post è il ricordo di quei giorni e di quella persona e che toccano corde profonde. Credo che Teet, ovunque egli sia, stia sorridendo, sapendo del ricordo che gli hai tributato.
RispondiEliminaGrazie Nela.
EliminaA me lo stile di questo scrittore ha convinto moltissimo; infatti, al Salone ho acquistato anche Nella casa del pianista. Mi incuriosiscono pure i libri-reportage scritti nei suoi viaggi africani ma non sono stati pubblicati in Italia. Forse li trovo in inglese. Comunque, uno scrittore che viaggia ha una marcia in più.
Grazieee!Ma pensa, a distanza di due anni mi è capitato sotto mano questo libro in biblioteca, l'ho preso perché ricordavo di aver letto una bella recenzione in qualche blog ma quale? Stasera passando da Silvia (Nine hours...) mi sono ricordato di Babalatalpa ed eccomi qui. Bellissimo libro gustato pagina per pagina grazie a te. Ciao
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