Ma non erano solo il caldo, le decorazioni e le luci a fare del
caffè quel che era. Esisteva una ragione più profonda a renderlo così prezioso
al paese. E questa ragione così profonda riguardava un certo orgoglio fino ad
allora sconosciuto da quelle parti. Per comprendere questo nuovo orgoglio
bisognava tener presente la miseria della vita umana. Intorno a una filanda si
raggruppa sempre molta gente ma è raro che ogni famiglia abbia cibo,
vestiti e riserve sufficienti per
campare. L’esistenza può trasformarsi così in una lunga, monotona lotta per
ottenere appena il necessario da tenersi vivi. E ciò che ti sgomenta è questo: tutte le cose utili hanno un prezzo e si comprano
solo col denaro, perché così va il mondo. Non hai bisogno di ragionarci per
sapere quanto costa una balla di cotone o un quarto di melassa. Mentre la vita umana non ha valore: ce la
danno gratis e ce la tolgono senza bisogno di pagare. Che vale? Poco o nulla ti
sembra a volte, a guardarti in giro. E spesso dopo aver sudato e faticato senza
migliorare in niente, ti viene giù, in fondo all'anima, il sentimento di non
valere gran cosa.
Il nuovo orgoglio, invece, venuto al paese da questo caffè,
aveva effetto quasi su tutti, perfino sui bambini. Perché per andare al caffè
non c’era bisogno di spendere per la cena o il liquore. C’erano bibite fredde
in bottiglia che costavano cinque centesimi di dollaro. E se non potevate
permettervi nemmeno quelle, miss Amelia aveva un’altra bevanda…
(Carson McCullers, La ballata del caffè triste, traduzione di Franca Cancogni, Einaudi Stile Libero).
È una bella raccolta di
racconti questa qui. Certo, La ballata del caffè triste, che dà il
titolo al volume, ha una marcia in più rispetto agli altri pezzi. Dico “pezzi”
perché questo libro sa di musica; classica, per essere precisi. Chi ha studiato
pianoforte apprezzerà il racconto Wunderkind e non riuscirà a staccarsi
per un po’ da Preludi e Fughe di Bach.
E chi non sa nulla ma
proprio nulla della signora Carson McCullers penserà che sia stata anche una
concertista, un’insegnante, insomma qualcuno che conosceva gioie e patemi che
uno strumento musicale può dare.
La immagino una donna malinconica, schiva,
restia ad aprirsi al mondo. Solo una signora così poteva inventare personaggi un
po’ aspri e disillusi e fotografarli con poche, scarne parole.
E non vi lasciate
ingannare dalla copertina: non c’entra niente.
Guarda: non so se per una (ex)coffeinomane come me ha incuriosito più il titolo o il post che, complice un'aura di certo mistero, hai scritto.
RispondiEliminaLibro e autrice interessante. Lo segno fra i libri da acquistare. Un abbraccio!
Sicché anche tu abbandonasti il caffè!? Io ho limitato il numero di tazzine quotidiane (siamo a massimo 2 al giorno). Ma a volte è un gran sacrificio passare davanti al bar e resistere all’aroma invitante del caffè. Ma lo stomaco ringrazia.
EliminaIl libro merita. Vorrei leggere altro dell’autrice… Penso tornerò a parlarne.
ciaoooo
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