lunedì 25 agosto 2008

Peccati di gola

“Penso sempre che ogni cosa durerà in eterno, ma non è mai così. In realtà, niente esiste per più di un istante, tranne ciò che custodiamo nella memoria. Cerco sempre di conservare dentro di me ogni momento - preferire morire piuttosto che dimenticare. Eppure, allo stesso tempo, non vedevo l’ora di andare a San Francisco, di lasciarmi tutto alle spalle. Così è la vita – non c’è modo di capirne il senso.”
“Firmino”, Sam Savage, Ediz. Einaudi Stile Libero

Metti che è da un paio di mesi che non riesci a leggere più di venti pagine consecutive dello stesso libro. Metti che non fai che saltare distrattamente da un volume all’altro senza che nessuno fra questi riesca a catturarti. 
Metti che hai appena dato le dimissioni.
Metti, infine, che il capo (che stai per mollare), personcina precisa e particolarmente affezionata alle sue cose, ti osservi mentre sbirci con aria incuriosita la sua scrivania su cui giace intonsa una copia di Firmino, caso letterario dell’esordiente Sam Savage. Metti che la personcina particolarmente gelosa delle proprie cose di cui sopra, ti sorprenda con un: «Ma tu l’hai letto?». E siccome mentire non ti riesce proprio bene, ti tocca rispondere con un: «No. Diffido sempre dei casi letterari che occupano i primi posti delle classifiche dei libri più venduti. Però questo m’incuriosisce…»
 
«Anche se è da un po’ di tempo che non riesco a leggere», ma quest’ultima cosa te la tieni per te.
 
«Beh, se non l’hai ancora letto, prendilo pure, te lo presto. Io chissà quando riuscirò ad aprirlo. E poi, sai», mi dice con tono sommesso, «è da un po’ che non riesco più a legger nulla. Sarà la stanchezza…», conclude il quasi ex-capo a mo’ di giustificazione.
 
Provo, invano, a rifiutare l’invito al prestito. Alla fine, vado via con Firmino tra le mani e due preoccupazioni in più: il terrore che, abituata come sono a legger in metro, treno, bus, il volumetto dell’Einaudi mi si possa macchiare, sciupare, cadere rovinosamente. E l’ansia di non esser in grado di leggerlo prima che termini il periodo di preavviso. Che figura farei con il quasi ex-capo? 
 
Allora, ricorda che questo libro non puoi sottolinearlo, glossarlo, fare appunti di qualsiasi genere come sei solita fare. (Accidenti! Proprio questa volta che ho trovato ben due refusi, dico due, su un’edizione Einaudi, non posso cerchiarli con la matita colorata a mo’ di maestrina da scuola elementare. Sob!) Ricorda che non puoi lasciare il libro dove capita; fa attenzione quando lo infili in borsa e sbrigati a leggerlo!
 
Un po’ scettica, qualche giorno fa, ho iniziato la lettura. Non so com’era la versione originale, ma la signorina Evelina Santangelo, che ne ha curato la traduzione italiana, ha fatto un gran bel lavoro.

“Avevo sempre immaginato che la storia della mia vita, se un giorno l’avessi mai scritta, sarebbe cominciata con un capoverso memorabile: lirico come il «Lolita , luce della mia vita, fuoco dei miei lombi» di Nabokov o, se non altro, di grande respiro come il tolstojano: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra di loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». La gente ricorda espressioni del genere anche quando del libro ha dimenticato tutto il resto. Comunque, a proposito di incipit, il migliore a mio avviso non può che ritenersi quello del Buon soldato di Ford Madox Ford: «Questa è la storia più triste che abbia mai sentito» […] Forf Madox Ford è stato Un Grande.”
Diciamocela tutta: un libro che inizia così, è un chiaro invito alla lettura. Difficilmente si lascia abbandonare, anche se è da un po’ che non riesci a leggere e sei alla ricerca della concentrazione perduta.
La storia è ambientata nella Boston degli anni Sessanta. Firmino è un topo dalla testa pesante e dal corpicino rachitico. “Una mezzacalzetta”, come lui stesso si definisce. Tredicesimo cucciolo della nidiata di mamma Flo, una pantegana costantemente ubriaca, ha la fortuna di crescere in una nota libreria di Boston, Pembroke Books. Inizia a sbocconcellare i libri che lo circondano per puro spirito di sopravvivenza ma poi, anziché mangiarli, inizia a leggerli, scoprendo che i libri più sono belli e più sono buoni. Insomma, leggere è un peccato di gola: i libri buoni non puoi che divorarli.
Firmino si lascia leggere piacevolmente portandoci da un classico della letteratura russa ad uno della letteratura francese. Allungando la lista dei libri che vorremmo leggere e quella dei libri che dovremmo rileggere.
Osservando qualche commento lasciato sui vari circoli di lettura on line, ho incontrato numerose critiche negative. Firmino non è il cosiddetto librone, ma credo che, acquistandolo, nessuno si aspetti di avere tra le mani un capolavoro della letteratura contemporanea. È leggero, ironico, con buoni spunti riflessione sparsi qua e là.
Leggo di una curiosa somiglianza tra Firmino di Sam Savage e “La bibliotecaria” di Claudio Ciccarone, pubblicato nel 2000 e avente come protagonista la tarma Marta (http://www.wuz.it/articolo/2339/savage-ciccarone-firmino-marta.html). Interessante ipotesi di plagio. Mi toccherà procurarmi anche il libro di Ciccarone. Ad ogni modo, Firmino un merito ce l’ha: quello di avermi riavvicinato alla lettura,che garantisce sempre viaggi meravigliosi a costi modesti, evita le file ai caselli autostradali e le attese negli aeroporti nella speranza di rivedere i propri bagagli sul tapis roulant.
I libri ti permettono di viaggiare anche quando stai andando in ufficio, fa un caldo bestiale e vorresti proprio esser altrove. Un buon libro riesce sempre ad aprire una finestra sull’altrove.

Nessun commento:

Posta un commento

Il tuo commento sarà visibile dopo l'approvazione.