sabato 5 gennaio 2019

Il lago, la casa e quelle cure che non curano


Acquistai Le cure domestiche, esordio letterario di Marilynne Robinson, appena pubblicato dalla Einaudi. Credo fosse la fine del 2016 ma Housekeeping (tradotto in italiano da Delfina Vezzoli) era uscito negli Stati Uniti già nel lontano 1980. Ad incuriosirmi era stato un articolo in cui si parlava dell’allora Presidente americano Barack Obama, così entusiasta della scrittura della Robinson da voler intervistare la sua autrice preferita per la New York Review of Books.
Il romanzo che tanto aveva ammaliato il Presidente era stato Gilead (Premio Pulitzer nel 2005), ma a me stupiva troppo l’idea che un politico, indipendentemente dal partito e dall’incarico ricoperto, parlasse di narrativa. Pensare che potesse addirittura desiderare di intervistare una scrittrice mi sembrava fantascientifico. Fatto sta che, anziché prendere l’ormai nota trilogia di Gilead, mi trovai tra le mani Le cure domestiche, che inizia così:
Mi chiamo Ruth. Sono stata allevata insieme a mia sorella più piccola, Lucille, da mia nonna, Mrs. Sylvia Foster, e quando lei morì, dalle sue cognate, Miss Lily e Miss Nona Foster, e quando loro scapparono via, da sua figlia, Mrs. Sylvia Fischer. Siamo passate da una generazione all’altra, ma abbiamo sempre vissuto nella stessa casa, la casa della nonna, costruita per lei da suo marito, Edmund Foster, un impiegato delle ferrovie che lasciò questo mondo molto prima che io ci entrassi. Fu lui che ci relegò quaggiù in questo posto inverosimile.
Il posto inverosimile è Fingerbone, una cittadina immaginaria, sviluppatasi sulla riva di un lago, un tempo immenso e ora solo inquietante. Un lago dai mille strati di acqua, che ghiaccia in inverno e si alza in primavera, entrando nelle cantine delle case e facendo diventare l’erba scura e dura come le canne. Un lago che, nel corso degli anni, ha ingoiato uomini, donne, automobili e treni.
Sylvie, la zia di Ruth e Lucille, racconta di viaggi in treno e in autobus, racconta di persone strambe incontrate nel suo errare, indossa abiti fuori moda, trascorre ore intere a scrutare il buio oltre la finestra. Parla molto di cure domestiche, ma la casa costruita da suo papà è ormai lercia, ospita uccellini morti, ragnatele, pile di piatti mai lavati, vecchie riviste e decine di lattine vuote. Dovrebbe accudire le nipoti, rimaste orfane, ma il suo concetto di cura si discosta troppo dall’idea di educazione delle signore di Fingerbone. In fondo Sylvie una casa non l’ha mai trovata, e la piccola Ruth sente di non essere troppo diversa dalla zia.
Marilynne Robinson esplora l’imbarazzo della solitudine, la difficoltà nel trovare il proprio posto nel mondo, la fragilità dei ricordi. Non è un romanzo da leggere in fretta, perché si sciuperebbero diversi spunti di riflessione, ma non mi è sembrato neppure il romanzo “potentissimo” pubblicizzato dalla quarta di copertina.
E comunque, Gilead è già finito nella corposa lista dei prossimi acquisti.

Marilynne Robinson e Barack Obama - The New York Review of Books

11 commenti:

  1. Questo non l'ho letto ma Gilead per me è splendido.

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    1. È ciò che dicono praticamente tutti quelli che l’hanno letto. Grandi aspettative. Ne riparleremo più in là.

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    2. E Lila e Casa mi sono piaciuti altrettanto. Forse di piu' Gilead perchè l'avevo letto senza sapere nulla del libro e dell'autrice.

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    1. Forse sono stata un po’ troppo dura. Come dicevo quassù ad Andrea è anche una questione di aspettative. Tutte le persone che conosco che hanno letto Gilead non hanno fatto che esclamare bellissimo!
      E spesso quel bellissimo di un romanzo si traduce in un bravissima! quando si parla di una scrittrice di cui, magari, s’è letto un solo romanzo.
      Non è male questo Le cure domestiche, però, ecco, m’aspettavo di più.

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  3. Ora attendiamo la tua recensione su Gilead. Se poi ti avrà deluso come questo romanzo, vorrà dire che ci "crolla un mito" in quanto a Obama recensore entusiasta.
    Quanto al recensire, qui potrebbe sorgere automatico un dubbio incrociato: quale sia il giudizio di Michelle Obama su quest'autrice e quello invece di Obama su Michelle come autrice. Potrebbe...

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    1. Ti rispondo ribadendo quanto scritto ad Amanda.
      Non è questo il momento di Gilead ma lo leggerò sicuramente.
      Per quanto riguarda Michelle, le curiose coincidenze della vita sono tali da far sì che proprio oggi abbia scaricato il suo ebook. Mi era stato regalato un buono e tra le opzioni di acquisto c'era anche Becoming. L'ho messo nel carrello.

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  4. Interessante ma un po' cupo per me in questo periodo. Sono quegli incontri fortuiti che vanno a segno quando li hai già nelle mani, come fu per me con Leavitt, ma sebbene la tua presentazione sia più che convincente, tant'è che lo wishlisto, mi riservo di comprarlo e leggerlo più in là. Però è bello leggerti quando scrivi di storie che ti sono particolarmente piaciute! Simo

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    1. Hai centrato perfettamente il punto. È quanto ho risposto ad un’altra cara amica in un periodo non troppo felice: non in questo momento, potrebbe piacerti ma non adesso.
      È come dici tu: molto dipende dal momento in cui certi libri ti capitano tre le mani (ma tu non fai testo: ce ne hai sempre tanti tra le mani!!).

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  5. ora voglio leggere Gilead!
    ps. se ti è piaciuta Santa Evita prova a leggere Purgatorio!

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    1. Ti confesso d'aver preso Purgatorio poco dopo aver letto Santa Evita però, tra una cosa e l'altra, non l'ho mai iniziato.
      Ora sono appena andata via dalla Colombia (Le più fortunate di J. Pachico, edizione BigSur) e penso di tornarmene in Europa. Ma Purgatorio è nella mia lista (anche perché mi sono riproposta di limitare gli acquisti. Devo smaltire i libri accumulati: lo dico sempre senza farlo mai!).

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