Se
c’è una città che per anni ho chiamato “casa”, è Siena. Pur non essendo stata
battezzata in contrada, pur non essendo mai stata presa in considerazione dai
senesi, pur non avendo mai aperto un conto corrente al Monte, né aver mai
aspirato la c, a Siena mi sono sempre sentita a casa.
Ci
sono tornata con il coniuge nel 2009. Ed è stato un colpo al cuore. Ci siamo
ritornati lo scorso weekend, dopo 17 anni dalla mia laurea, ed è stata un’altra
coltellata. Mi inerpico tra le viuzze della città, apparentemente immutata
eppure diversa. Piccoli cambiamenti: gli store,
come si dice ora, che accomunano un borgo medievale con le disordinate
periferie di una qualsiasi metropoli (perché diamine avete permesso di aprire
un Tiger in Pantaneto?), vecchie botteghe tirate a lucido, una miriade di parrucchieri,
fascinose osterie sostituite da localini trendy in cui fermarsi per
l’aperitivo.
Gli
anni, la globalizzazione, il crollo del Monte: anche le certezze dei senesi
hanno cominciato a vacillare. Cammino in silenzio tra i vicoli osservando i
ventenni con zainetto e adidas;
catturo stralci di frasi che vent’anni fa furono le mie.
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Chiostro di S. Francesco |
Ripenso
alla mia Siena: la cupola della Chiesa di Santa Maria in Provenzano che si
staglia nel cielo azzurro di febbraio, l’aria gelida e il fumo che esce dalla
bocca, le numerose pause caffè fuori dalla biblioteca della cripta di San Francesco.
La Politica, i grandi ideali, i viaggi sognati, il prossimo esame, quel film al
Pendola a 2000 lire (roba da Medioevo). Una corsa in Fortezza per cancellare
l’ansia dell’appello di economia politica (solo dieci giorni e io devo ancora
finire il programma), le cene squattrinate alla Chiacchiera, pici e vino rosso per festeggiare la fine delle
sessioni d’esame, anche quando da festeggiare c’era ben poco.
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Vista dalla Fortezza Medicea |
Ma
non si vive di soli ricordi. Sono passati gli anni, è cambiata Siena e sono
cambiata anch’io.
Ci fermiamo a prendere un caffè dal Nannini (mai oltrepassato
quella porta da studentessa universitaria); non c’è più il punto Einaudi (o, se
c’è ancora, non riesco a trovarlo), ma entro in una bella libreria inaugurata
da poco, Palomar, a due passi da
Piazza del Campo. Mi entusiasmo davanti all’Allegoria
della Redenzione di Ambrogio Lorenzetti, visito un museo di contrada (mai accaduto in 5 anni di vita
universitaria) e mi faccio raccontare il Palio e la vita dei contradaioli come
se fosse la prima volta che metto piede in città.
Chiudiamo
la serata in un ristorante eccellente, ospiti delle Saba sisters, senesi d’adozione, con cui restiamo a chiacchiera a
lungo (per dirla alla senese maniera) e ridiamo fino alle lacrime. Nuove
amicizie intercettate attraverso i social
(ulteriore segno dei tempi che cambiano), trasformatesi rapidamente da virtuali
a reali. Altri volti, altre storie, piatti diversi ma la stessa allegria di
vent’anni fa.
Prima
di lasciare Siena, guardo Piazza del Campo in una notte senza stelle. Da
togliere il fiato, come la prima volta che la vidi.
Sarà
possibile visitare la mostra di Ambrogio Lorenzetti a Santa Maria della Scala fino
all’8 aprile 2018. Tutte le informazioni qui.
Per
uno sguardo diverso su Siena (ma non solo) potete visitare My day worth, il
blog di Amina.
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Abbazia San Galgano |
Dopo
essermelo riproposta per anni, finalmente sono andata a visitare l’abbazia di
San Galgano e la suggestiva Rotonda di Montesiepi. Essere
circondati dalle mura dell’abbazia con i fiocchi di neve che ti vorticano
intorno è una sensazione intraducibile sulla carta.
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Interno dell'Abbazia di San Galgano - Tutte le foto sono state scattate dal coniuge |