Equatore, Miguel Sousa Tavares
Luis Bernardo, caro,
tu sai che se non fosse stato per la Nela San non ci saremmo mai
incrociati, vero?
Nonostante l’attrazione per il mondo lusofono, nonostante la
fascinazione per quelle terre d’Africa che a volte ritorna… Nonostante tutto
ciò, il nostro è stato un incontro
combinato; una di quelle situazioni imbarazzanti in cui mi faceva cadere
qualcuno dei miei amici quando ero ancora una zitella spensierata: “Ah, forse
stasera viene anche Tizio. Un ragazzo simpatico; vedrai, vi troverete bene
insieme”. La Nela San ha parlato a lungo di Portogallo e da língua portuguesa, poi mi ha trascinato in libreria e mi ha piazzato questa
storia tra le mani. “Secondo me potrebbe piacerti”. Come avrei potuto voltar le spalle e guardare
altrove?
Scetticismo iniziale. La prima volta che ti ho ascoltato mi sei
sembrato persino antipatico. Sì, insomma, il tipico radical chic lisbonese d’inizio Novecento. È facile fare il
progressista dalle idee liberali quando provieni da una famiglia borghese, hai
ereditato una discreta attività commerciale senza dover muovere un dito, ti sei
diligentemente laureato in giurisprudenza, frequenti i club più in voga di
Lisboa e scribacchi le tue opinioni sui quotidiani portoghesi. Come se non
bastasse, seduci donne a destra e manca, preferibilmente maritate; sei giovane,
elegante, sexy… e sai di esserlo. Un uomo da cui tenersi ben alla larga.
Però
ti facevo più furbo. Ma dimmi, quando sei partito alla volta di São Tomé,
novello governatore per caso, pensavi davvero che la schiavitù fosse morta e
sepolta nell’Ottocento? Dico, come potevano quattro proprietari bianchi
trasformare due sputi di isolette perse sulla linea equatoriale nel secondo produttore di cacao nel mondo?

Non verrai mica a raccontarmi che, prima di
accettare l’incarico di governatore laggiù, pensassi davvero che nelle
piantagioni di Säo Tomé e Príncipe avresti trovato lavoratori angolani trattati in modo umano
dai padroni bianchi; lavoratori
abbondantemente nutriti, ben salariati e liberi di dare le dimissioni in
qualsiasi momento? Suvvia!...Il re Carlo di Portogallo (anzi, il suo
consigliere), ti ha creduto l’uomo giusto al momento giusto; colto, energico,
lontano dalla vecchia aristocrazia; ma chiedeva che tu realizzassi un’impresa
impossibile: mantenere inalterati i privilegi dei coloni bianchi in terra nera,
fingere di non vedere le disumane condizioni di lavoro nelle piantagioni e
inventarsi, non so bene cosa, per nasconderle al mondo intero, pubblicizzando
invece le magnifiche sorti e progressive realizzate dal Portogallo nelle
proprie colonie.
Ho cominciato a provare simpatia per te solo dopo il tuo arrivo
a São Tomé. Un po’ presuntuoso ma dal volto umano. Ci credevi davvero alla
storia dell’uguaglianza tra bianchi e negri,
ci credevi davvero ai diritti dei lavoratori e alla necessità di difendere i
deboli. Peccato ti sia fatto irretire da quella puttanella inglese, come disse la saggia Maria Augusta!
Ann mi è stata antipatica dal primo momento. Un’antipatia a
pelle. No, non parlo per gelosia: quando incontro una donna veramente bella, un
corpo statuario, elegante, un volto perfetto, lo riconosco. Bella era bella, ma
qualche dubbio sulla sua onestà, sulla sua trasparenza, ti sarebbe dovuto
sorgere. “Ho promesso di restare al fianco di mio marito”; sì, vabbè, ma poi
faccio quello che voglio e lui ne è consapevole. Tu, Luis Bernardo, non sei
nato nella Roma di fine Novecento, altrimenti l’avresti liquidata con un “Ti
piace vincere facile!”
Comunque sia, hai preferito lei a noi tutte. E noi abbiamo
continuato a seguirti con apprensione. Confesso che ho letto la tua ultima
lettera con il magone. Mi aspettavano in pista per l’allenamento
infrasettimanale ed io lì che non riuscivo a staccarmi dalle tue parole.
Mi hai raccontato un mondo che non conoscevo, hai cambiato la
mia opinione sul colonialismo portoghese (ingenuamente ho sempre pensato fosse
stato più blando rispetto alle nefandezze delle altre potenze) e mi è venuta
una certa curiosità sul mondo sommerso del cacao (casualmente, ho già in
libreria “Cacao” di Jorge Amado, che a questo punto dovrò leggere).
Mi hai guardato distrattamente, perso come eri per la tua Ann.
Non preoccuparti, non me la son presa. Non sei stato il mio grande amore, non
sei stato la mia occasione mancata. Però ti ho voluto un po’ di bene.
Ciao Luis.