I runners raramente si portano al seguito
qualche accompagnatore. Invece io corro sapendo che al traguardo c’è quasi
sempre il signor valigiesogni, pronto
ad immortalare il momento. È successo anche ieri.
Quando l’accompagnatore
non c’è, passata l’euforia della prestazione scatta la telefonata alla persona
amata: “T’ha detto male anche stavolta; pure oggi sono arrivato sano e salvo”.
Scherzando, l’abbiamo detto anche ieri alla moglie del mio amico; lo dicevamo
mentre i ragazzi della Croce Rossa prestavano i primi soccorsi a qualche
corridore colto da malore. Lo dicevamo senza fare troppo caso alle nostre
parole perché in quell’atmosfera gioiosa il malore è cosa passeggera, nessuno
lo prende seriamente. Invece, tra gli atleti portati via dai soccorritori c’è stato
qualcuno che nelle prossime gare quella telefonata lì non potrà più farla.
Per gli
appassionati della corsa la Roma – Ostia
è un evento unico; ti resta dentro quel silenzio irreale dei primi minuti,
quando senti solo il ciafciaf dei
piedi attenti a non intralciare l’altro, a trovare la propria dimensione, il proprio
spazio. Davanti, una distesa infinita di corpi in movimento e non capisci come tante
persone possano restar in silenzio tutte contemporaneamente. Sono quei minuti
iniziali che ti fanno iscrivere nuovamente l’anno successivo. Un’emozione
indescrivibile. Poi si trova il proprio ritmo, il compagno di sempre, il
compagno nuovo e la Roma-Ostia diventa una gara come tante altre.
Sfortunatamente
succedono drammi come quello di ieri.
Facciamo una
visita medica annua obbligatoria e il certificato di idoneità ci viene rilasciato
solo se veramente idonei; siamo abbastanza attenti alla nostra condizione
fisica, presi più dalla smania di evitare qualsiasi tipo di infortunio che ci
blocchi un paio di giorni che da reale preoccupazione per la nostra salute.
Però può succedere qualunque cosa in qualunque momento. Certo è che l’organizzazione
della Roma – Ostia è quasi sempre impeccabile. Ieri c’erano ambulanze e
soccorritori lungo tutto il percorso; numerosi soccorritori e fisioterapisti all’arrivo;
ampio dispiegamento di forze dell’ordine. Una macchina organizzata per poter
parlare solo della perfetta riuscita dell’evento. Ma la vita è fatta così: non
si può prevedere tutto.
Sarà banale e forse troppo leggero come commento...ma le cose vanno comunque fatte, vissute. Con testa, ma con anima. E allora, se lo chiedessero a me, vorrei "andare" esattamente nel momento in cui sto vivendo qualcosa di bello.
RispondiEliminaPrevedere, non esiste.
Non credo sia banale il tuo commento, cara Gioia, non lo è affatto. Poi, con un nome come il tuo… Pensavo esattamente la stessa cosa. Tutti dobbiamo andare; meglio partire dopo aver fatto qualcosa di soddisfacente…
EliminaUn caro abbraccio.
Sono cose che segnano...che altro poterti dire?!
RispondiEliminaChe si va avanti. Di corsa, a passo normale , con rilassatezza o affanno.
L’importante è andare avanti, finché si può…
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