giovedì 13 settembre 2012

Il processo



No, fino ad oggi non avevo mai letto nulla di Franz Kafka. Sì, forse avevo letto qualche stralcio di una qualche sua opera ai tempi del liceo. Ma non ne sono certa. Ricordavo solo il celebre incipit di La metamorfosi. Ultimamente sentivo menzionare Kafka dappertutto: non potevo continuare così.
È andata a finire che ho letto Il processo. E non mi ha entusiasmato. Lo so: è di Kafka che sto parlando e del romanzo che, come scrisse qualcuno, avrebbe cambiato la storia della letteratura del Novecento, quello che viene inserito in tutte le liste, redatte a destra e manca, dei libri imperdibili. Non posso essere blasfema.

L’opera viene pubblicata a Berlino nel 1925, anno successivo alla morte di Kafka, grazie all’impegno di Max Brod, amico dello scrittore e deciso a non rispettare le volontà del defunto che, pur avendo dedicato tanto tempo alla scrittura, aveva chiesto la distruzione di tutti i suoi manoscritti. Così non fu.
Il processo, quindi, non è stato sottoposto a revisione finale da parte dell’autore. Ma non credo che Kafka fosse scrittore da revisioni. Lo immagino uomo malinconico e pensoso, impegnato nella sua attività impiegatizia ma con la testa altrove, un po’ come Josef K., protagonista del romanzo. Lo vedo con la fronte corrugata, mentre esplora quell’indefinibile disagio interiore, cercando di dare una risposta al malessere del Novecento.
Un rapporto controverso con le donne, un rapporto controverso con la famiglia, un rapporto controverso con il cibo (a 30 anni diventò vegetariano), un rapporto controverso con la scrittura. Tutti elementi che si rinvengono tra le pagine de Il processo, insieme al senso di oppressione causato dalla burocrazia e dalla sfiducia nei confronti dei Tribunali.
Tribunali irraggiungibili; se ne conoscono solo gli uffici giudiziari che si ramificano in tutte le soffitte della città; qui si incontrano personaggi singolari che sembrano conoscere la storia di ciascun imputato (di cosa, poi?), presumibilmente colpevole (per aver commesso cosa?); c’è un clima pesante, avvocati bizzarri che ricevono in camera da letto, con la testa ben coperta dalle lenzuola; scene così surreali da trasformare l’angoscia in comicità.
E un finale che lascia di sasso e apre mille dubbi sul senso del romanzo.
Nonostante tutto ciò, mi sono trascinata per diverse pagine, incapace di farmi coinvolgere. Troppo surreale per me? Può darsi. Troppo ignorante per godere pienamente della lettura di Kafka? Forse.
Mi è rimasto quel senso di delusione che si prova quando si torna a casa pensando di trovare un barattolino di gelato al cioccolato e si scopre che è rimasta solo la crema. Che si mangia volentieri, ma non è la stessa cosa. 

17 commenti:

  1. tutta questione di aspettative, forse.
    (e poi, ci sono colossoni letterari che si riconoscono tali solo con la testa, ma il sentimento, ecco, quello lo si deve tenere da parte.)

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    1. Sì, forse hai ragione. Mi chiedo anche un’altra cosa: chissà come avrei letto il libro se Kafka non fosse stato Kafka? In fondo, sapere che stiamo leggendo un colossone può influire sulle nostre aspettative come può condizionare il nostro atteggiamento verso il libro. Magari l’avrei lasciato a metà… Bah!

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  2. Io non l'ho ancora letto Il processo ( e lo so, che adesso sta all'erta sullo scaffale del corridoio cercando di carpire quali scuse possa addurre), ma l'ha letto il Signor Noixdemuscade (cit. presa in prestito da te, il Sig Nocemoscata suonava male :D). Dice che è pesante quanto basta e che ancora non sa che impressione gli abbia fatto. Dice che è bello ma non sa spiegare perché. Epperò ogni tanto me lo cita per associazioni di idee. Perciò io per compensare mi sono fatta un'idea per tutt'e due. E cioè che faccia parte di quella categoria di libri, che a caldo sono oscuri, per un sacco di motivi, però poi parlando d'altro, pensando ad altro, ecco che rispuntano dal subconscio, il quale al contrario del cervello ha elaborato a modo suo qualche pezzo del libro, o qualche concetto. Come se andasse metabolizzato a un livello diverso.

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    1. Bello, il Signor Noixdemuscade, fa tanto romanzo dell’Ottocento!
      Ieri sera ascoltavo un podcast della puntata di Fahrenheit dal Festival di Mantova. C’era un incontro fantastico con Marino Sinibaldi, Dorfles e Pierre Bayard, autore di Come parlare di un libro senza averlo mai letto. Ecco, tu hai parlato del Processo molto meglio di me, senza averlo letto.
      Quando lo dico io che sei geniale!

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    2. Praticamente sono una che si sa arrampicare sugli specchi :D
      Agli esami universitari invidiavo sempre chi riusciva a farlo. Come al solito sono in ritardo, ho imparato la tecnica quando meno mi serve :D

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  3. Mi sono riproposta quest'inverno di colmare certe mie lacune, abbandonare momentaneamentei gialli per la lettura dei classici. Il processo era in lista, così come Delitto e Castigo.
    Dunque mi consigli di cominciare dal secondo e non considerare il primo? Bye&besos di fine settimana

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    1. Oddio Nela San, è molto soggettivo. Conosco persone che stravedono per Kafka. Però… “Delitto e castigo” è eccezionale. Due penne e due tipologie di romanzo troppo diverse da poter mettere a confronto. Comunque, io partirei da Dostoevskij!!
      Un bacio, mia cara.

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  4. Tu da me, io da te, Noce sia qui che là... :))))
    Grazie! :)

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    1. Noce, Noce… come potremmo stare senza? È il miglior dispenser di buonumore quotidiano che io conosca! Ben arrivata!

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  5. Bellissima la similitudine finale, mi è piaciuta molto.
    Quanto a Kafka, di lui ho solo letto le bellissime ed emozionanti Lettere a Milena; la narrativa ancora non ho avuto il coraggio di affrontarla. Ho paura di tutta quell'angoscia di cui parli.
    Saluti molto affettuosi (e scusa se non ho ancora risposto alla tua mail...)

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    1. Ricordi? Si scrive solo quando se ne ha voglia, non c’è niente di cui scusarsi!
      Sai che la biografia di Kafka mi incuriosisce molto e "Le lettere a Milena" fanno certamente parte della vita intima dell'autore. Sì, quelle credo che le leggerò presto. Per la restante parte della narrativa invece, ho bisogno di far passare un po’ di tempo.
      Un abbraccio forte forte.

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  6. quoto Duck: la similitudine alla fine è talmente indovinata da rendere benissimo la tua reazione alla fine della lettura. Nemmeno io ho apprezzato troppo questo libro, ma non è che ami particolarmente Kafka, quindi...

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    1. Ah, bene! Allora non sono la sola… Magari, in futuro, riprenderò la lettura di qualche altra sua opera. Più in là, però…

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  7. "scene così surreali da trasformare l’angoscia in comicità".

    Ecco, appunto. Infatti, Max Brod racconta che quando Kafka leggeva i suoi scritti agli amici si sganasciava dalle risate e ridevano tutti.
    Kafka ha tante chiavi di lettura, come tutti i veramente Grandi della letteratura. Personalmente, quella che più condivido è la chiave che fornisce Kundera ne "L'arte del romanzo".

    E cmq, Kafka è un mondo, non lo si può giudicare da un solo libro. Possimo trovarlo congeniale a noi Può piacere oppure no (niente di male), ma di un universo si tratta. Con un coerenza interna insospettabile, al di là delle apparenti incoerenze.

    Non desistere, fai almeno qualche altro tentativo. Il mio preferito in assoluto è "Il castello", ma anche i racconti sono formidabili.
    Non ti arrendere :-)

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  8. ...E se proprio vuoi leggere una sua lettera, prima di qualunque altra viene la "Lettera al padre", è imprescindibile.

    Anche solo per dire che non sempre sono le madri, le uniche colpevoli di tutto.

    E poi: prima di Milena, le lettere a Felice Bauer.

    Scusa l'invadenza e l'irruenza, ma davanti a Kafka non resisto (anzi, fammi clap clap e dimmi brava perchè mi sono frenata :-)

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    1. Grazie, grazie, grazie! Avevo bisogno di un tuo commento! Ho anche cercato nel tuo blog tra gli autori e i libri di cui hai scritto ma, evidentemente, il “tuo” mondo kafkiano è precedente all’apertura di"NonSoloProust". Bene, non desisto. Non avrei desistito comunque, ma sentirmelo dire e ricevere qualche dritta aiuta a non rimandare troppo ulteriori letture. E se hai altri suggerimenti, utilizza questi spazi. Se poi ti vien voglia di rileggere qualcosa di Kafka e scriverne un post, sai già che avrai almeno una lettrice interessata.
      Grazie ancora e buona giornata.

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  9. "Il processo" l'ho letto mi pare a dodici, tredici anni. Fu il mio primo K.

    Dopo, non ho mai più smesso di frequentare i signori K. ;-) e ovviamente, "Il processo" l'ho poi riletto molti anni dopo, e ovviamente ci ho trovato cose che a tredici anni non avevo visto, non potevo aver visto.

    Nel mio blog non c'è nulla su Kafka (o quasi, devo controllare, forse qualcosa c'è, forse qualcosina la pesco) perchè appunto, Kafka ---- semplicemente --- fa parte di me da molti decenni.
    Ciao e grazie per l'ospitalità e la pazienza :-)

    P.S. Post-scriptum al limite del gossip: mi sono spesso chiesta se Proust e Kafka si sarebbero piaciuti.
    A volte mi rispondo di si, altre volte mi rispondo di no :-)

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