Georges Simenon, I fantasmi del cappellaio,
Ed. Adelphi, trad. Laura Frausin Guarino
A quell'ora, la rue du Minage era quasi sempre deserta,
specie quando pioveva a dirotto. Ed era più deserta che mai da quando molta
gente evitava di uscire col buio. I commercianti, che erano stati i primi a
risentire del panico, erano stati anche i primi a organizzare delle ronde. Ma
neppure quelle erano servite a impedire la morte della signora Geoffroy-Lambert
e della signora Léonide Proux, la levatrice di Fétilly. […]
In rue du Minage le porte si aprivano e si
chiudevano, e le famiglie si dirigevano verso la chiesa di Saint-Sauveur, fra il canale e il porto. Si sentivano le
sirene dei battelli. Anche se era domenica, le barche dei pescatori,
approfittando del diradarsi della nebbia, uscivano in mare, e probabilmente
erano già tutte in fila indiana nel canale.
La città splendeva radiosa, immersa nella
luce giallo oro del sole; il porto era di un azzurro compatto: di lì a poco
anche i Kachoudas sarebbero usciti, i bambini davanti, con i vestitini della
festa, poi Kachoudas e la moglie, sempre un po’ goffi la domenica, molto meno
disinvolti che negli altri giorni.
Dopo la messa, sarebbero passati dalla
pasticceria di rue des Merciers, e il vassoietto dei dolci lo avrebbe poi
portato il sarto, tenendolo per il sottile spago rosso.
Anche il signor Labbé aveva fatto la sua
scelta: aveva scelto la cappelleria di rue du Minage.
Detto fra parentesi, alcuni pensavano che
lui ci fosse nato, in quella casa. Ma le cose non stavano così. Era nato, sì,
in rue du Minage, in un edificio del tutto simile a quello in cui viveva ora,
ma che si trovava a cinquanta metri di distanza. Quando i suoi genitori avevano
traslocato, lui aveva otto anni.
Poi la signora Binet lo aveva disgustato,
come, quarant'anni dopo, lo disgustava Louise. Tuttavia avrebbe potuto
restarsene a Poitiers nonostante lei, oppure andare a Parigi.
Aveva scelto La Rochelle.
I pensieri del cappellaio, il signor Labbè, seguono un percorso
tortuoso. Ci si muove tra presente e passato; bisogna tornare ad un’adolescenza
tormentata per capire l’oggi, per comprendere la follia che si nasconde tra le
pieghe di una condotta apparentemente impeccabile. Il cappellaio è persona
stimata, distinta, elegante come gli abiti di buona fattura che indossa. La
follia appartiene ai barboni, ai mendicanti, ai forestieri; la follia non può albergare in un uomo agiato,
conosciuto da tutti, a cui tutti stringono abitualmente la mano.
I fantasmi del cappellaio racconta
quello che potrebbe essere un mistero dei nostri giorni: un quartiere
tranquillo abitato da gente perbene, sette vittime, tutte donne, uccise in
pochi giorni da una mente lucida che le strangola “perché è necessario”.
È particolarmente interessante studiare le trasformazioni di
questo romanzo. Nato come racconto, nel marzo 1947, con il titolo Il piccolo
sarto e il cappellaio, si trasforma in Benedetti gli umili. In
entrambe le versioni, Simenon
racconta la storia dal punto di vista di Kachoudas,
il piccolo sarto armeno, dirimpettaio del cappellaio. In Benedetti gli umili il finale è rocambolesco, un po’ troppo alla Jessica
Fletcher, per intenderci. Poi, il nostro Simenon decide di prendere il
materiale del racconto e rielaborarlo, trasformandolo nel dicembre del 1948 in
un romanzo che è un capolavoro. La storia viene sviluppata seguendo il punto di
vista del cappellaio, l’introspezione psicologica ha il sopravvento sui fatti e
il romanzo si confonde con la realtà.
Questo volumetto dell’Adelphi ha il pregio di contenere le tre
versioni; si può studiare quindi il processo di riscrittura da parte di Simenon,
osservare la sua capacità d’analisi e stupirsi di fronte alla plasmabilità delle
storie.
Cavolo...figurati se non lo compro! Posso mettere un link nel mio blog? Me lo permetti?
RispondiEliminae intanto ti dico: Chapeau! per la puntuale recensione,
Bye&besos
E certo che te lo permetto quasi gemellina: che me lo devi chiedere?
EliminaConoscendoti so già che ti piacerà tantissimo!
non l'ho letto ma il fatto che nello stesso volume si trovino le tre versioni rende l'acquisto "inevitabile": hai risvegliato la filologa che è in me!!!
RispondiEliminaCarissima, questo viaggio ti piacerà certamente. Suggerirei di intraprenderlo in un weekend autunnale. L’aria ancora dolce ma malinconica, la luce soffusa, il piacere di una minestra calda… Sì, quello è il momento perfetto per partire alla scoperta de “I fantasmi del cappellaio”.
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