giovedì 22 dicembre 2011

Storie di libri, lettori e di lettori che incontrano libri

Evito di andare al supermercato negli orari più affollati; non amo le grandi manifestazioni, non ho mai sopportato “le vasche” lungo la via principale della città. Odiavo quest’inutile spola anche da adolescente, quando le mie compagne di classe sostenevano che il sabato pomeriggio era lo “struscio per il corso”. Sono una disadattata, lo confesso. E la folla mi innervosisce, facendomi piombare nel mutismo assoluto fino al giorno successivo.
Le fiere del libro ed eventi analoghi sono tra le poche circostanze in cui non mi lascio spaventare dall’assembramento umano. Sì, è vero, tra saloni del libro, fiere dell’editoria di varie dimensioni, “città-disparate-che-leggono”… anche questi avvenimenti fanno tendenza. Ciò nonostante, se ne ho la possibilità, mi fa piacere andare. Poi, se ad accompagnarmi è il mio caro amico –mancato libraio– Fabio, l’appuntamento diventa irrinunciabile.
Insomma, anche quest’anno sono andata alla Fiera della piccola e media editoria di Roma. In una giornata in cui, per dirla tutta, gli incontri letterari non erano esaltanti. Ma ascoltare i professionisti del settore che discettano sulle sorti del libro e sul futuro dell’editoria digitale piace e fa riflettere.
In questo mondo che si trasforma rapidamente, resto sempre allibita di fronte al numero di nuove micro case editrici. Ci vuole un gran coraggio!
Il libro è in crisi, dicono, eppure aumentano le agenzie letterarie che propongono corsi di ogni tipo legati al mondo editoriale. Il libro è in crisi, eppure assistiamo alla moltiplicazione degli scrittori. Fabio ed io ci fermiamo ad ascoltarne alcuni che pubblicizzano le loro creature. Non sembrano neppure così malvagi ma una vita è breve e bisogna fare delle scelte: non si può leggere tutto. Fabio non è un lettore, è un letturadipendente: se non leggesse, morirebbe. Ha fatto una scelta precisa e audace: ha deciso di passare da un lavoro fulltime ad un part-time.  Da quando ciò è accaduto, ha un’altra espressione. Ogni giorno esce dall’azienda e si dirige verso la sua biblioteca preferita. Di tanto in tanto cambia biblioteca (vivere a Roma ha ancora qualche vantaggio). Conclude la giornata tra gli scaffali e torna a casa contento, con un nuovo libro sotto il braccio. Guadagna meno ma ha riacquistato la sua libertà.
Quando parla delle sue infinite letture, lo guardo con un misto d’ammirazione e invidia. “È anche vero che questa scelta me la sono potuta permettere”, fa lui schernendosi. Vero, in parte; d’altro canto, un quarantenne che mette da parte la tranquillità economica per dare più spazio alle sue passioni non lo si incontra tutti i giorni. A me, a volte, sembra un extraterrestre.
Insomma, Fabio racconta del suo tardivo incontro con Bolaño ma si interrompe in continuazione perché in ogni stand c’è un libro che lo incuriosisce o che mi vuole far conoscere. Finalmente arriviamo nell’angolo abitato da “laNuovafrontiera” e stavolta sono io a richiamare la sua attenzione su un libro. I pesci dell’amarezza, scritto da un autore basco a me sconosciuto fino a qualche anno prima, Fernando Aramburu
Acquistai il libro nel 2008, stessa fiera, stesso stand (un po’ meno popolato). Lo presi a scatola chiusa; sapevo che il libro era stato tradotto da una ragazza che lavorava ai sottotitoli in una società di postproduzione cinematografica (si chiamano così, mi pare); una delle tante società in cui sono passata anch’io (non come traduttrice, ovviamente). Elisa Tramontin, la traduttrice, mi piaceva moltissimo per la sua schiettezza, la sua grinta e le sue letture. Le poche volte in cui eravamo riuscite a chiacchierare liberamente, mi aveva raccontato delle sue traduzioni e di questa collaborazione con laNuovafrontiera

Ho letto I pesci dell’amarezza solo qualche giorno fa. E l’ho trovato struggente. Dieci racconti ambientati in paesetti in cui sventola l’ikurriña (bandiera dei Paesi Baschi); episodi che tentano di ricostruire la follia racchiusa nei movimenti terroristici e l’odio irrazionale che si cela dietro ogni ekintza (azione rivoluzionaria, attentato dell’ETA). 

Storie amare come quella del racconto che apre il libro:

“Quel pomeriggio che entrò in sala da pranzo mi stupii che si interessasse all’acquario. Tuttavia stava lì ad osservare attentamente quello che facevo. Mi domandò che funzione aveva la pastiglia. Le dissi che era il pasto del succia scoglio. Ora è nascosto da qualche parte. È un vigliacco. Ma la troverà. La trova sempre. Presto sarebbe stato un anno. Mia figlia volle sapere dove eravamo quando si sentì l’esplosione. Io e Juani ci proibiamo di tirare fuori il discorso. Danno la notizia di un attentato alla radio o in televisione? Noi neanche mezza parola. La polizia cattura un commando? Uguale. Lei, invece, parla del pomeriggio della sua disgrazia tutte le volte che le va. Il pomeriggio che sono andata a ritirare i soldi, dice. Le rispondemmo che avevamo sentito il boato da casa. Sì, ma in casa dove. Juani non se lo ricordava e non voleva ricordarselo. Io stavo con i miei pesci. Aità, tu e i tuoi pesci.”

Racconti dolorosi, scritti con una lingua aspra, che sembra non lasciar spazio ad alcuna speranza. O forse sì, velatamente, in quel barkatu con cui si chiude l’ultimo racconto. “Perdono”, detto da chi non aveva molto da farsi perdonare a chi si era ritrovato in un letto d’ospedale, con le gambe bruciate senza saper bene il perché.
Racconti tristi che danno un’anima ai tanti attentati dell’ETA di cui abbiamo sentito parlare nel corso degli anni; racconti acquistati per una serie di coincidenze in una fiera del libro. Ecco, per tornare all’inizio del mio ingarbugliato discorso, perché mi piacciono questi appuntamenti.

Anche quest’anno sono tornata a casa con un paio (mi sono trattenuta) di volumi che in situazioni diverse non avrei mai cercato. Ora bisognerà scoprire se ne è valsa la pena. 

6 commenti:

  1. Spero che la crisi si abbatta solo sui libri "a chilo"; sarebbe bello vedere finalmente comparire nelle vetrine opere pubblicate da piccoli e medi autori appassionati e coraggiosi.
    Bel pezzo, Barbara, come al solito:-)

    p.s.
    Auguri!

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  2. Mi ci ritrovo in questo tuo post. Mi ci ritrovo per tanti aspetti: l'antipatia per i super e ipermercati (di cui spero sempre arriverà la fine prima o poi), la scelta di libertà cambiando lavoro (se non fosse per obblighi familiari lo avrei già fatto), l'ammirazione per il coraggio dei piccoli editori e il trattenersi nel comprare (troppi) volumi. Mi sa che, dopo giacy.nta, ho trovato un'altra gemellina! (L'unica cosa dove non mi ritrovo sono le maratone, che ti lascio tutte) Bye&besos mia cara e auguri di serenità

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  3. Hai ragione, Giacinta cara. Solo che le piccole case editrici sono troppo poco pubblicizzate… Vuoi mettere una vetrina allestita con le ultime uscite dei soliti noti? Certo che se la crisi ci portasse almeno a riflettere un po’ sui nostri consumi, sarebbe già un passo avanti. Tanti auguri!

    Nela San: sospettavo di aver trovato la mia quasi gemella! Io mi mantengo le maratone e a te invio una vagonata di auguri!

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  4. Prima di tutto grande standing ovation per Fabio.
    Poi, grazie per la dritta su Aramburu.
    Infine: ieri ero in libreria, e stavo proprio cercando qualcosa di Bolaño. Precisamente: o "Notturno cileno", o "2666". Ma il mio libraio non aveva né l'uno, né l'altro. Perciò ho lasciato perdere, e ho puntato su qualcosa che saziasse istantaneamente la mia pretesa "fame letteraria", e ho preso altri 2 libri :D

    Ma prima o poi ce la faccio eh!! :)

    Per quanto riguarda poi il disagio tra la folla, in me trovi una solidale alleata. :)

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  5. Anche nella piccola città c'è una fiera dell'editoria di una certa valenza, e anche lì trovo delle cose che normalmente in libreria faccio fatica a trovare. Ne vale sempre la pena! :-)

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  6. NoceMoscata: Fabio è il mio supereroe, l’amico perfetto nonché ottimo dispenser di suggerimenti letterari. Se lo conosci non puoi far altro che adorarlo.
    Di Bolaño ho acquistato “Notturno cileno” ma giace ancora intonso nella mia libreria. Ti farò sapere…


    Cara la ‘povna, hai ragione tu. Folla o meno, in questi casi vale sempre la pena.
    Buona giornata

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