lunedì 11 luglio 2011

Amo la notte con passione

Fabio è il libraio di fiducia che ciascun lettore desidererebbe avere. Invece lavora in un call center.
Lo squillo del telefono in cuffia: «Assistenza x, buongiorno. In cosa possa esserle utile?», e accanto le pagine culturali dei quotidiani e un racconto di Checov. L’ho conosciuto così, una decina di anni fa, incuriosita da questo tipo che ne combinava di ogni e ci rideva su; lui, con la sua aria scanzonata, lo zainetto in spalla e ogni giorno un libro diverso. Uno di quei personaggi indescrivibili, ben custoditi in un anonimo call center. Un pomeriggio di fine maggio, ho mollato le cuffie e accettato un altro lavoro. Mai rimpianto quell’impiego alienante che ti lasciava senza voce e con pochi soldi in tasca, ma non ho più trovato un ambiente di lavoro con personalità vivaci e dai mille interessi come quelle incontrate in un ufficio così insignificante. 
Naturalmente, l’amicizia è rimasta e si è consolidata nel tempo.
Fabio è l’uomo più privo di senso pratico che abbia mai conosciuto, del tutto incapace di sistemare un mobile o riparare un elettrodomestico; una di quelle persone a cui mai affideresti un’incombenza perché a) lo manderesti in crisi; b) probabilmente farebbe un danno. 
Gli occhi trasognati e i pensieri che vagano chissà dove. Entra ed esce dai romanzi, si perde tra i versi di una poesia, vola sulle note di un valzer. Fabio rappresenta il volto più bello di Roma: quello dei quartieri che hanno ancora un’anima, dai vicoli stretti e i sanpietrini scivolosi, la Roma delle librerie dell’usato in cui si paga solo in contanti; la Roma delle pizzerie “storiche”, con le tovaglie di carta e una cena allegra spendendo pochi soldi.
Fabio è una di quelle persone a cui sei costretto a voler bene. Lui che è disordinato in tutto, custodisce e cataloga i suoi libri con gran precisione. Non gli sfugge quasi nulla: se un libro non l’ha letto è quasi certo che lo abbia sfogliato o gli sia passato tra le mani. Anche i suoi doni sono sempre un po’ speciali.
Qualche giorno fa, ad esempio, una copia di Amo la notte con passione ha traslocato dalla sua libreria alla mia.
Sei micro racconti di Guy de Maupassant racchiusi in un elegante libricino sfornato dai tipi della Mattioli 1885. Bello il formato, la cura editoriale, la piantina in bianco e nero che delinea i boulevard di Parigi.
Un libro che potrebbe essere letto in una pausa tè pomeridiana, ma alcuni racconti sono così intensi da chiedere che si torni su una parola, si sottolinei una frase, si rilegga la pagina.

“Nessuno ci veniva mai, nessuno là dentro aveva mai parlato. Era morta, muta, senza eco di voce umana. Sembra che i muri conservino qualcosa delle persone che ci vivono dentro, qualcosa del loro portamento, delle loro sembianze, delle loro parole. Le case abitate dalle famiglie felici sono più allegre rispetto alle abitazioni dei miserabili. La sua camera  era priva di ricordi, come la sua vita. E si spaventò al pensiero di rientrare in quella stanza da solo, di sdraiarsi nel suo letto, di rifare tutti i movimenti e le faccende di ogni sera. E come per allontanarsi ulteriormente da quel sinistro alloggio, dall’attimo in cui avrebbe dovuto tornarci, si alzò, e ritrovandosi improvvisamente sul viale principale del parco, entrò in un boschetto per sedersi sull’erba…”
   
Non sono storie che lasciano il sorriso, non raccontano la Parigi sfavillante ma entrano nelle solitudini di ciascuno di noi: dal notaio alla signora di provincia, dal contabile all’amico poeta.
 Le pareti di casa amplificano queste solitudini fino a renderle insopportabili. Solo il respiro di Parigi, nella notte, sembra portar un po’ di sollievo.

“Ma quando cala il sole, una gioia confusa mi penetra in tutto il corpo. Mi sveglio, mi animo. Man mano che l’ombra si addensa, mi sento un’altra persona, più giovane, più forte, più vitale, più felice. La guardo infittirsi la grande e dolce ombra discesa dal cielo: sommerge la città come un’onda impalpabile e impenetrabile, nasconde, cancella, distrugge i colori, le forme, circonda le case, le persone e i monumenti con il suo impercettibile tocco. In quei momenti vorrei strillare di piacere come le civette, correre sui tetti come i gatti; e un invincibile desiderio di amare si accende impetuoso nelle mie vene.”    
Ma è una sensazione passeggera, e con le luci dell’alba si svegliano i timori e torna il mal di vivere.

“Ti ho trascinato stasera in questa passeggiata per non tornare a casa, perché adesso soffro terribilmente nella solitudine del mio alloggio. A cosa servirà? Io ti parlo, tu m ascolti, e siamo soli entrambi, fianco a fianco, ma soli.”

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