venerdì 4 settembre 2009

Giorni di montagna

Mercoledì, 26 agosto

È una di quelle notti in cui il cielo è più immenso, le stelle sono più luminose, il silenzio sussurra frasi dolci che parlano di serenità, di un domani diverso. È una di quelle notti in cui trattieni il fiato per non disturbare la voce della natura che ti circonda.
Il vociare allegro della cena a quota 1500 metri, nel Rifugio Croz dell’Altissimo, si è dissolto mentre scendevamo a valle. Una fila ordinata di persone; ciascuno con la propria torcia; ciascuno attento a non scivolare su quel sentiero ghiaioso; ciascuno immerso nei propri pensieri. Il rumore dell’acqua; una ventina di persone ferme di fronte ad una cascatella. È solo acqua, sotto un cielo stellato, nel silenzio dei boschi. Eppure restiamo tutti lì, immobili, cercando di fermare quell’istante. Cerchiamo di farlo nostro per poi poterci rifugiare nuovamente lì, quando saremo travolti dal caos cittadino.

Giovedì, 27 agosto


Immersa in un paesaggio lunare, mi chiedo quando spunterà il rifugio Pedrotti. La scalata verso l’alto è meno insidiosa quando la nebbia avvolge tutto ciò che ti circonda.











Camminiamo dalle nove di stamani, gli scarponi iniziano ad essere pesanti, l’aria rarefatta e, nonostante lo sforzo fisico, inizio ad avere la pelle d’oca. Insomma, io sono un’orsetta marsicana, di quelle che bazzicano nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Mica sono abituata io a vedere, nel bel mezzo del mese di agosto, strati di neve congelata che giacciono lì da chissà quanto tempo. Un po’ di comprensione per favore! Il marito orsetto, invece, che ha il coraggio di sudare anche quassù, mi guarda con aria compassionevole.
Un miraggio: dev’essere quella casetta là! 

















Ma le indicazioni spengono il mio entusiasmo. Un cane abbaia in qualche posto lassù. L’eco non fa capire quanto su… Il pancino inizia a brontolare e… sì, sì! Stavolta è lui!















Mentre mangiamo qualcosa, il cielo si apre e il Brenta si staglia davanti ai nostri occhi. Le cose belle non si ottengono mai facilmente; bisogna sapersele sudare. Altrochè se ne valeva la pena!


C’incamminiamo verso il Passo Ceda. Il sentiero non è ben segnalato, il cielo è incerto, la stanchezza si fa sentire. Dopo un’oretta di cammino, da buona capa spedizione di un gruppo di due persone (mio marito ed io), mi fermo di fronte alla famosa ferrata menzionata da Paolo, il già citato albergatore-guida. «È un percorso splendido. Un po’ lungo ma con poche difficoltà. C’è giusto una ferratina… Niente di chè: la fate senza problemi». Ora, gente, fino a dieci giorni fa, io neppure avevo idea di cosa fosse una ferrata e, sinceramente, il fatto di trovarmi davanti ad un non sentiero, aggrappata ad una corda di ferro vacillante, sebbene solo per pochi metri, con lo strapiombo sotto, non è che mi riempia il cuore di gioia. «È che tu non sai usare bene la corda», sentenzia il marito orsetto che ha già preso in mano la situazione, mostrandomi come procedere. Avrà indubbiamente ragione lui ma, come dire, paralizzata da un secondo di terrore, la teoria è precipitata nel vuoto e le sue rassicuranti parole si perdono nell’aria. Un po’ vacillando, un po’ imprecando, ce la faccio anch’io. E torna l’euforia di chi, un po’, si sta mettendo alla prova. (Sì!, sono proprio brava!)

Ma il percorso è davvero lungo e nonostante il paesaggio splendido, fiorellini mai visti prima e compagni di viaggio inattesi, nell’ultimo tratto che ci separa dall’albergo, sogno solo di potermi finalmente sfilare gli scarponi.
Mai cena è stata più deliziosa di quella divorata stasera. 

Venerdì, 28 agosto


L’orsetta marsicana si sente ormai completamente a suo agio tra le cime dolomitiche e non la smette di zompettare nel verde intonando «Holalà hiii, hoolalàà hii…» Poco distante, il marito orsetto la guarda scuotendo la testa e borbottando «È fatta così! Che ci posso fare?». Ma, in fondo in fondo, se la sta godendo anche lui, dimentico delle grane della quotidianità.


Nota a margine
Qualora immagini e parole vi avessero invogliato a prendere scarponi e bastoncini e partire alla volta di questi sentieri, vi consiglio di cuore l’Alpotel Venezia di Molveno (www.alpotel.it), piacevole alberghetto a conduzione familiare. Eccellente rapporto qualità – prezzo e una cucina deliziosa (lo strudel, che goduria!). Si è in albergo ma ci si sente a casa propria grazie alle attenzioni della signora Renata, gli aneddoti, i suggerimenti, il desiderio di guidarti alla scoperta della montagna del signor Paolo e l’allegria dei figli. Impossibile trovare delle pecche.



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