mercoledì 17 settembre 2008

A mani nude

È una notte che s’adagia sulla rabbia di Mariani e sul tetto della sua fabbrica di giocattoli e sulla città mezza addormentata davanti alle tv che raccontano facce preoccupate dei concorrenti dei quiz. S’adagia sulla finestra della camera di Lisa, sulle gambe lunghe e sulla sua collezione di foulard. Una notte che avvolge il corpo di Narcos accucciato sotto le coperte, con la testa sotto il cuscino e le ginocchia al petto. Un buio che nella testa di Narcos riesce a tenere a distanza le cose, capace di far sembrare che neanche esistano, di confondere e rendere clementi anche le sensazioni più feroci.                                                        
“A mani nude”, Stefano Martufi

Un racconto senza luogo né tempo, dal ritmo incalzante ed intenso. La mano che si lascia trasportare dalle parole. Una punteggiatura irregolare che dà ancora più energia alle azioni, trasformando la scrittura in immagine.
“A mani nude” ha un retrogusto amaro; ti lascia una senso d’inquietudine che ti si appiccica addosso (espressione cara all’autore), t’accompagna al lavoro, ti segue in metro ed entra con forza la sera nel tuo piccolo appartamento.
È la prima volta che mi capita tra le mani un racconto originale edito dalla casa editrice con cui collaboro (non me ne voglia l’editore che, presumibilmente, non leggerà mai questo post. E che, comunque, conosce bene il mio pensiero in merito) e mi fa piacere pensare che ad aver scritto questo librettino di appena 70 pagine sia stato un mio quasi conterraneo (siamo entrambi originari della Ciociaria).
Quindi, scusate il doppio conflitto d’interessi (territorio d’appartenenza e connessione con la stessa casa editrice) ma, in fondo, in tempi di leggi ad personam, il favoreggiamento non è più reato.

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