lunedì 21 luglio 2008

Spegnete quel condizionatore!

“Non c’è niente di peggio di un quotidiano acquistato e non letto”, diceva Francesca ai tempi dell’Università. “Io, ormai, il giornale lo compro solo quando torno a casa dai miei. Il viaggio in treno servirà pure a qualcosa, no?”
Gli anni dell’università sono, ahimè!, lontani ma da quando ho cominciato a fare la pendolare e a prendere il treno con una certa frequenza, il quotidiano è entrato di diritto nel mio personale paniere dei beni. E ho fatto un po’ mia anche la filosofia di Francesca. Così, il pensiero di quella Repubblica acquistata giovedì e rimasta intatta, diciamocelo, mi rodeva un po’. Allora, questo pomeriggio, a distanza di ben tre giorni, ho ripreso il giornale tra le mani mentre un caldo sole dava sollievo alla mia cervicale, e ho iniziato a sfogliarlo. E woilà!, come per magia, m’imbatto nell’inchiesta giusta al momento giusto.  Il volto di un tipo occhialuto dall’aria affranta e dalla fronte grondante goccioline di sudore racchiude l’essenza dell’articolo.
“Dopo anni di libera aria condizionata, di lame ghiacciate nelle cervicali dei dipendenti pubblici e di uffici comunali con temperature (in piena estate) da banchisa polare, i Governi hanno varato ufficialmente la battaglia dei 24 gradi”. (Ettore Livini, la Repubblica, giovedì 17 luglio 2008)
“Abbassate quei condizionatori”, tuona il titolo dell’articolo nella pagina successiva. E giù a snocciolare i numeri del risparmio energetico ottenuto alzando di un paio di gradi il livello dell’aria condizionata. Ora, ad esser sinceri, ad accendere il mio entusiasmo non è tanto la coscienza ecologista e sostenibile nel leggere le dichiarazioni di Legambiente, bensì un banalissimo senso di rivalsa nei confronti delle arpie per le quali lavoro. Ebbene sì!, è arrivato il momento di utilizzare questo blog come strumento per denunciare pubblicamente le angherie che un povero lavoratore dipendente è costretto a subire.

Insomma, per farla breve, responsabili della mancata lettura del quotidiano giovedì scorso sono stati proprio i malefici condizionatori e le manie dei miei superiori. Ma dico, è proprio necessaria l’intervista dell’illustre medico per spiegare che una temperatura di 20°C all’interno di un ufficio, mentre fuori imperversa il caldo torrido, potrebbe causare l’insorgere di malanni, emicrania, problemi all’apparato respiratorio, tensioni muscolari? Dopo giorni di brusca alternanza tra la temperatura autunnale dell’ufficio e l’afa romana da mese di luglio, non mi son stupita tanto nel constatare che ero riuscita a beccarmi la febbre in piena estate, con conseguente incapacità di leggere qualsiasi cosa, fosse anche un’inchiesta sull’aria condizionata a 24°C per salvare la terra.
Ma lo sapevate che la  Cina e la  Corea hanno alzato a 26° l’asticella della temperatura minima negli uffici pubblici? E che da quando l’Eni ha promosso l’abbigliamento casual dei propri impiegati, in assenza di cravatte e camicie che aumentavano la temperatura corporea, si è stimato un risparmio sulle spese energetiche del 9%?
Ma se la mettessi sul piano dell’enorme risparmio sulle bollette elettriche future, dite che le arpie si convincerebbero ad oltrepassare la soglia dei 20°C e a farmi superare senza troppi malanni anche quest’estate?

Domani, quasi quasi, ci provo.

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