Fino a qualche tempo fa, Ciampino per me non era altro che un
aeroporto. E pure un po’ sfigato. Un bel giorno il mio capo decise di
trasferirvi la sede operativa dell’attività, e allora scoprii che Ciampino
godeva di una zona industriale, una stazione ferroviaria, un numero
improponibile di bar, parrucchieri e centri estetici. Risolto il problema del
caffè e della ceretta, cercai una libreria, ma trovai solo cartolibrerie che
vivono di scolastica e della vendita di due best-seller a Natale.
L’unica
ancora di salvezza restava la biblioteca. La trovai a due passi dalla stazione:
una gioia per qualsiasi pendolare. Entrai trafelata (condizione tipica del
pendolare): i pochi tavoli erano tutti occupati da studenti universitari con la
classica espressione del non ce la farò mai a finire il programma per il primo
appello. C’era uno spazio per i più piccoli, una minuscola zona “novità”, un
paio di postazioni internet e il bancone dei bibliotecari; ma la biblioteca
vera e propria, quella con scaffali e libri tra cui curiosare, dov'era? Successivamente
mi avrebbero spiegato che la biblioteca era (ed è tuttora) ospite dei locali
del Comune, in paziente attesa di idonea sistemazione.
Presto, Ciampino ha smesso d’essere la città in cui lavoro, per trasformarsi
nella sede della mia biblioteca di fiducia. Una boccata d’ossigeno nelle
giornate in cui l’ufficio ti avvilisce troppo (e lo so che bisognerebbe
benedire ogni momento il fatto di avercelo un lavoro. Ma sognare di
reinventarsi una vita non è mica un delitto!); quattro chiacchiere con gli
amici bibliotecari prima di prendere il treno, la condivisione di un episodio
divertente, un libro e un dvd da mettere in borsa e scappare.
Rifletto su quanto sia cambiato negli anni il mio rapporto con
le biblioteche. Continuo a prendere libri in prestito, ma si è acutizzata la smania
del possesso: se mi piacciono devo acquistarli per sottolinearli, annotarli,
stropicciarli, prestarli e lamentarmi del fatto che non torneranno mai
indietro. La biblioteca resta il luogo prediletto per leggiucchiare libri di
cui ho sentito parlare ma di cui non sono tanto convinta; spesso, inoltre, offre chicche
introvabili in commercio (perché talvolta gli editori son troppo presi dalle
novità per ripubblicare cose belle del passato).
Nella mia vita “adulta”, mi piace pensare alla biblioteca come
centro di aggregazione e scambio di idee, uno spazio in cui concedersi una
pausa per non venir ingoiati dalla frenesia dei giorni. E mi spiace vedere che,
nella maggior parte dei casi, la biblioteca altro non sia che una sala studio
per universitari. Funzione imprescindibile, perché un ragazzo dovrà pur aver un
luogo in cui studiare; ma non può essere solo questo.
Con gli amici bibliotecari abbiamo affrontato più volte il tema
di quale sia il ruolo della biblioteca oggi, insieme a quello della scarsità
delle risorse economiche, della difficoltà d’inventarsi qualcosa in un
territorio che viene visto come zona di passaggio, periferia della periferia
della Capitale. E abbiamo deciso che era arrivato il momento di smetterla con
le lagne e provar a far qualcosa. Un gruppo
di lettura, ad esempio. Idea antica e inflazionata, eppure innovativa se in
quel luogo non è mai stata sperimentata in passato.
Iniziamo con un incontro conoscitivo giovedì 16 giugno, alle ore
18.00.
Come nei migliori gruppi di lettura, non permetteremo ad alcun professore di salire in cattedra, ci confronteremo e saremo pronti ad accapigliarci pur di difendere il libro amato.
Chi viene?
Sì ma cosa si legge questa settimana?
RispondiEliminaQuesta settimana, my dear, più che leggere ci si conosce, ci si conta e si condividono un paio di regole essenziali. Poi, naturalmente, si porta a casa un libro da leggere per il mese successivo.
EliminaInizieremo con la narrativa americana contemporanea e metteremo ai voti Revolutionary road e Le correzioni. Quindi, potrò dirti quale libro è stato scelto solo giovedì sera, dopo il primo incontro.
A proposito, tu quale sceglieresti?
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