Non ho letto
Un giorno, il best-seller di David
Nicholls. Quindi non mi aspettavo niente: non cercavo “la storia molto David
Nicholls”, né la conferma di quanto sia bravo questo novello Hornby.
“Noi” rientra tra i compiti per casa assegnati dalla Neri Pozza BookClub e, avendo appena terminato una cosuccia abbastanza classicheggiante, tipo Mai devi domandarmi, non mi è
dispiaciuto immergermi in un libro pop.
“Sembra Hornby”, ho pensato dopo le
prime pagine. Linguaggio informale, lo scrittore che parla in prima persona e
cerca la complicità del lettore (“vorrei
potervi dire”… “mi piacerebbe potervi dire…”);
dall'innamoramento iniziale al divorzio: la trasformazione di un amore narrata
con umorismo. Abbastanza Hornby, ma non brillante quanto il miglior Hornby.
La storia è
raccontata dal punto di vista di lui, Douglas: biochimico, precisino,
spazzolino elettrico tutta la vita; uno di quelli che dopo la laurea hanno già
predisposto il cronoprogramma dei giorni a venire, fino alla pensione. Lei,
Connie, è l’artista: estro, sregolatezza e creatività. Meravigliosamente bella,
un archivio di fidanzati irresistibilmente violenti, fino allo stupefacente colpo
di testa per un mostro, Douglas appunto (“Mi ero
sempre domandata che aspetto avessero i fenomeni che non leggono. E mi sono
messa con una di loro. Mostro!”).
L’altro è Albie,
il figlio diciassettenne, quello che sembra uno sgherro di Caravaggio:
“È fico, dicono, la
gente è attratta da lui, e anche da questo punto di vista è figlio di sua
madre. Secondo il suo tutor al college non è nato per studiare, ma possiede una
notevole intelligenza emotiva”.
La narrazione
scorre piacevolmente: fa sorridere, fa pensare ai piccoli compromessi a cui
bisogna sottostare “per amore”; fa riflettere sull’evolvere (involvere??) delle
relazioni, buttando lì considerazioni scontate sulla vita di coppia, considerazioni
che poi tanto banali non sono:
“Naturalmente, in quasi un quarto di secolo, abbiamo esaurito ogni possibile domanda sul nostro passato remoto e ci rimangono solo cose tipo «Com’è andata in ufficio?» o «Quando torni?» o «Hai buttato la spazzatura?». Le nostre biografie sono così intrecciate che in pratica siamo presenti entrambi in ogni pagina. Conosciamo le risposte, perché eravamo lì, e la curiosità va scemando, sostituita, semmai, dalla nostalgia”.
Al povero
Douglas succede di tutto. Forse troppo. All’arrivo delle meduse avrei voluto
dire a Nicholls di smetterla con il tragicomico (Cos’è? Il festival della
sfiga?).
Noi, come tanta narrativa contemporanea, non è una lettura
imprescindibile; non è la storia che vi resterà nella testa una volta chiuso il
libro; però vi intratterrà piacevolmente per qualche ora (400 pagine, diciamo
più di qualche ora). È anche la fine di un amore, ma non lascia l’amaro in
bocca.
Noi - David Nicholls, traduzione di Massimo Ortelio, Neri Pozza, collana Bloom.