domenica 23 aprile 2017

L’anno della morte di Ricardo Reis, José Saramago

Questa volta ho temuto che i miei prodi seguaci abbandonassero la nave. Non una ribellione come quella dei marinai dell’Alfonso de Albuquerque, sia chiaro, neanche la bandiera bianca del Dão, cacciatorpediniere che mai sarebbe stato in grado di gestire una rivolta. Però mentre mi incamminavo con Ricardo Reis verso l’albergo Bragança, quello che affaccia sul Tago, per intenderci, ho pensato che avrei dovuto scegliere un altro libro di Saramago per il gruppo di lettura. In fondo, quando lo lessi la prima volta non mi innamorai dello scrittore portoghese ma di Lisbona e del tipo che mi aveva suggerito il libro. Ma a vent’anni l’amore va e viene. Quello per Lisbona è rimasto, ovvio; però il dubbio è legittimo: forse avrei dovuto optare per il celebre Cecità o per il folgorante incipit delle Intermittenze della morte.
Intanto a Lisbona piove incessantemente, il parapioggia non para un bel niente, Ricardo è tornato da Rio de Janeiro dopo 16 lunghi anni, con dentro il sonno dell’anima. Forse ricomincerà ad esercitare la professione di medico a Lisbona, forse vuole solo guardarsi intorno per capire che direzione prenderà l’Europa del 1936, forse si limiterà ad una visita al cimitero dos Prazeros, dove riposa il poeta Fernando Pessoa, colto da morte inattesa. Lo dicono anche i giornali, è venuto a mancare lo straordinario poeta di Mensagem; nella poesia non era solo lui, Fernando Pessoa, lui era anche Álvaro de Campos e Alberto Caeiro e Ricardo Reis. La stampa continua a commettere errori, il dottor Ricardo Reis è lì che si aggira nel Bairro Alto, tutto sembra fuorché morto. Silenzioso, questo sì. Pensa, pensa, osserva la sua città, gente con scialli, fazzoletti e cenci rammendati che si dirigono verso la sede del giornale O Século, dove distribuiscono le elemosine. Legge i giornali, cammina e ragiona sull’essere e sull’esistere, su ciò che è e ciò che viene raccontato.

È sul giornale, l’ho letto io, Non è di lei, dottore, che io dubito, quello che dice mio fratello è che non sempre si deve credere a ciò che scrivono i giornali, Non posso certo andare in Spagna a vedere cosa succede, devo credere che quello che mi dicono sia vero, un giornale non può mentire, sarebbe il più gran peccato del mondo, Lei è una persona istruita, io sono quasi un’analfabeta, ma una cosa l’ho imparata, ed è che le verità sono tante e sono le une contro le altre, finché non lotteranno non si saprà dov’è la menzogna.

È strano il dottor Reis, i pensieri si mescolano, i discorsi si intrecciano, alle virgole seguono lettere maiuscole, i punti scompaiono; se ti distrai un attimo, perdi il filo del ragionamento; l’io diventa noi, tu, lei, Lisbona. Ed è stato in un momento di distrazione che ho pensato ai miei poveri amici lettori.
Qualcuno, per questa mia scelta azzardata, forse non tornerà alle pagine di Saramago. Ed è un peccato. Qualcun altro, invece, se n’è invaghito, come accadde a me anni fa. Forse partirà per Lisbona, si fermerà sull’Alto de Santa Catarina, guarderà Adamastor pietrificato, con un urlo in gola, e fisserà il mare che finisce dove la terra comincia. 

José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis
trad. Rita Desiati, Feltrinelli Editore



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